Problemi e prospettive della Cyberwarfare
Yves-Marie PEYRY
Il termine hacker, molto usato dai mass media, contiene una diversità semantica difficilmente comprensibile per il neofita.
Parliamo volentieri di pirati informatici, di anarchici cibernetici o di ciberdissidenti. Certi hacker si sforzano di presentare una vocazione umanitaria1, mentre altri si mettono in luce in azioni più imparentate con la cibercriminalità, il ciberterrorismo o addirittura il cibermercenarismo.
Gli Stati stessi, come per esempio l’Iran, la Cina o gli Stati Uniti, sollevano peraltro degli eserciti di hacker (chiamati il “quarto esercito” dopo quelli di terra, d’aria e di mare) per dei colpi informatici. Così, si stima che il “commando cibernetico” dell’esercito americano conti più di 100.000 uomini e donne, che lavorano, nell’ombra delle reti, per sferrare attacchi contro i server nemici.
Dinanzi a questa varietà di generi, un’analisi delle azioni recenti permette di delineare i contorni di numerosi movimenti che si distinguono, al contem
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